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Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

Lettera N. 23-24 Anno VIII -Agosto - Dicembre 2006

Laura Scarabelli, La meravigliosa storia di un Nobel a Ustica pag. 1
Gilda Corvaja Barbarito, Un compleanno importante pag. 1
Vito Ailara, L'ultima colonizzazione dell'isola di Ustica. Gli anni della formazione civica (1771-1800) 6^ parte pag 8
Vito Ailara, The Last Colonization of the Island of Ustica. The years of civic growth (1771-1800) 6^ part pag 8
Alessandro De Lisi, Tre giovani usticesi caduti nella battaglia di Lissa del 1866 pag. 15
Alessandro De Lisi, Threee young usticesi fallen in the battle of Lissa in 1866 pag. 15
Giovanni Mannino, Archeologia sulla Falconiera (parte II) pag. 32
Giovanni Mannino-Vito Ailara, Grotta del Passo di Don Bartolo, Grotta Perciata, Mannarazza e Cave di Lapillo pag. 41
Giovanni Mannino, Elenco delle Grotte e degli argomenti pertinenti pag. 45
Franco Foresta Martin, L'espansione record del Tirreno ha generato Marsili e Ustica pag. 46
Enzo Boschi, Un altro pilastro per la teoria della tettonica delle placche pag. 47
Adele Dejoma, Una interessante tesi su Ustica pag. 48
Mario Genco, Quel delitto all'Omo Morto: Ustica, anno di grazia 1933 pag. 50
Francesco Buccheri, L' Isola dei Vulcani pag. 54
Gilda Corvja Barbarito, Cronaca della mostra pag. 56
Samanta Giannoni, Giuseppe Scalarini: il veleno della storia pag. 57
Disegni di Giuseppe Scalarini pag. 60
Notiziario pag. 62

Copertina

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News

  • 21/03/2016

    Inaugurata con successo la mostra a Torino

    21/03/2016

    La mostra Il confino politico ad Ustica nel 1926-27 allestita nel Museo del Carcere "Le Nuove" di Torino, in Via Borsellino 3, dove è stata inaugurata il 19 Marzo scorso, presentata da Felice Longo, in rappresentanza del nostro Centro Studi. Sono intervenuti il Direttore del Museo, Dott. Felice Tagliente, che ha ricordato alcune figure di patrioti rinchiusi in quel carcere durante il fascismo; l'avv. Bruno Segre, Comandante Partigiano e Presidente dell'A.N.P.P.I.A., che ha ricordato protagonisti della lotta partigiana e del confino politico; la prof.ssa Gisella Giambone, staffetta partigiana, figlia di Eusebio Giambone, confinato politico a Castel Baronia nell'Irpinia, combattente antifascista, medaglia d'oro al valor militare alla memoria, catturato dai fascisti a Torino nel 1944 e fucilato al poligono del Martinetto; il Dott. Antonio De Vito, figlio di Giuseppe, confinato politico a Ustica e Ponza, autore del libro dedicato al padre Il sovversivo con il farfallino, che si è soffermato sulla scuola organizzata a Ustica da Gramsci e Bordiga e su alcuni aspetti della vita confinaria a Ustica.

    La mostra resterà aperta fino al 2 Aprile. La visita è libera e gratuita tutti giorni dalle 16,00 alle 17,30, mentre per chi visita il Museo rappresenta l’ultima tappa. La mostra è stata realizzata dai volontari del Centro studi e documentazione Isola di Ustica.

Mostre

  • La Pistata delle lenticchie

    La mostra fotografica dell’usticese Bruno Campolo

    La Pistata delle lenticchie

    La mostra fotografica La Pistata delle lenticchie è stata esposta a Ustica nei locali del Fosso nel 2001. Autore delle foto è l’usticese Bruno Campolo, che con la sua passione per la fotografia e per la sua isola natia si è reso testimone attento a cogliere gli ultimi documenti della vita contadina, ora in profonda trasformazione tecnica, contribuendo a salvarne la memoria; autori dei testi sono Nicola Longo, socio fondatore del Centro Studi, agronomo usticese, e la figlia Margherita, titolari di un’azienda agricola specializzata nella produzione di lenticchie. I sessantaquattro pannelli della mostra hanno voluto essere un omaggio ed un segno di gratitudine alla civiltà contadina usticese. Con essa si è voluto proporre al pubblico il valore antropologico e culturale di un rapporto speciale tra l’uomo e la terra ed un documento fedele ed efficace per non disperdere nell’oblìo la tecnica di coltivazione della lenticchia di Ustica.

    Nel contempo si è voluto anche dare risalto ad un alimento un tempo fondamentale nella dieta dei nostri contadini e ad un legume molto richiesto nel mercato, ed esportato con successo: un prodotto, quindi, di grande valenza economica per gli isolani. La pistata, operazione conclusiva del ciclo lavorativo della coltivazione del legume, consiste nella frantumazione all'interno dell'aia dei piccoli baccelli e dell'intera pianta ormai essiccata, nonché nella successivaspagghiata al vento per la separazione della paglia dalle lenticchie ed infine nella cirnutacon l'apposito grande setaccio circolare detto crivu. La lenticchia di Ustica (Lens culinaris Medik) è coltivata nell’isola fin dai tempi della sua colonizzazione. Il suo pregio è dovuto alla natura del terreno vulcanico ed alle sue piccolissime dimensioni, oltre che alla tenerezza, al gusto intenso ed al profumo nella fase di cottura. Seminata tra dicembre e gennaio con l’aiuto di un asino e di un aratro di ferro, la lenticchia necessita di cure particolari.

    Con piccole zappette (zappudda) viene eseguita in marzo la zappuliataper eliminare le erbe infestanti: un’operazione faticosa fatta in gruppo secondo una vecchia usanza di cooperazione (aiutu p’aiutu). Le piante di lenticchie si raccolgono con molta cura nella prima metà di giugno estirpandole manualmente nelle primissime ore mattutine o, addirittura, nelle notti di luna piena, quando i baccelli ancora umidi per la rugiada trattengono il seme e restano attaccati alla pianta. Essiccate al sole (caliàte), le pianticelle vengono sparse nell’aia per essere schiacciate (ammansate) da asini spronati a correre al suo interno. Agli asini subentrano le mucche che, appaiate con un giogo, trascinano la pietra di pistariper la rottura dei baccelli. Quando i baccelli sono tutti rotti, ha inizio la spagghiata per separare il legume dalla paglia sfruttando il vento, né lieve perchè altrimenti non avverrebbe la separazione della paglia, né forte, perché porterebbe via anche il legume.

    La spagghiàta coinvolge più addetti che, governando con maestria il tridente di legno, sollevano in alto lenticchie e paglia per espellere quest’ultima fuori dell’aia. Segue la paliàta, utilizzando una pala di legno al posto del tridente, per ultimare, sempre con la forza del vento, la separazione degli ultimi residui di paglia (annittata). Così si va formando al centro dell’aia il mucchio di lenticchie, ilmunzeddu. Indi l’aia viene accuratamente ripulita con piccole scope (scupitti) fatte con piante secche di lino. Nessun seme di lenticchia deve andare disperso. Non appena il munzeddu, simbolo e segno di un traguardo raggiunto, è costituito, compare nell'aia il cernitore (cirnituri) con un setaccio rotondo di pelle d’asino di un metro di diametro (crivu), che viene appeso ad un treppiedi (triangulu). La delicata fase della cernita (cirnùta) porterà ad ottenere lenticchie pronte da insaccare. La pistata, tecnica utilizzata anche per il grano, l’orzo, le fave e altri legumi, è ora soppiantata da nuove tecnologie ed è caduta in disuso. Anche per questo la mostra quindi assume il valore di un documento di particolare importanza per la tutela della memoria storica del lavoro contadino usticese.


    Per approfondimenti leggere gli articoli:
    * La Pistata delle lenticchie, di Nicola e Margherita Longo, in “Lettera” n. 13-14 aprile-agosto 2003.

     MO Pistata 12

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