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Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica

Emeroteca Ustica

Il ritorno di Gramsci a Ustica

Il ritorno di Gramsci a Ustica

 Articoli e testimonianze "Il ritorno di Gramsci a Ustica" 

Corriere della Sera del 16/02/1997

Geostar

Corriere della Sera del 16/02/1997

L’articolo illustra la missione scientifica di GEOSTAR il prototipo di una stazione subacquea calato, nel 2000, nel basso Tirreno, in prossimità di Ustica, a oltre 2000 metri di profondità. GEOSTAR è dotato di sofisticata apparecchiatura scientifica per acquisire importanti informazioni sulla crosta terrestre e sui fondali marini. Ustica è stata coinvolta in questa interessante esperienza scientifica ospitando una postazione collocata al Faro Omo Morto da cui venivano rimbalzati i dati raccolti a un satellite che a sua volta li trasmetteva al centro di raccolta dell’INGV. (AV)

Cfr. Foresta Martin Francesco, Geostar nella piana abissale di Ustica, in «Lettera» n. 5, 2000, p. 32

 

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Louis Prima su La Repubblica

Louis Prima su La Repubblica

La Repubblica del 18/08/2015

Festa dello Statuto

Festa dello Statuto

La foto ritrae in posa nelle uniformi di ordinanza la 2° Compagnia del 62° Fanteria di stanza nell’Isola di Ustica in uno spiazzo appositamente addobbato per festeggiare con un pranzo speciale a Festa dello Statuto.
La Festa dello Statuto risale al 5 maggio 1851 e veniva celebrata nel Regno di Piemonte, la prima domenica di giugno; era una ricorrenza nazionale e civile, istituita dai Savoia per ricordare la concessione di alcune garanzie costituzionali ad opera di re Carlo Alberto. La legge 5 maggio 1861 la surrogò con la festa nazionale celebrativa dell'Unità raggiunta con la costituzione Regno d’Italia.

L'Ora 20 agosto 1935: Gita ad Ustica

L'Ora 20 agosto 1935: Gita ad Ustica

La pubblicità di una gita ad Ustica nel giornale “L’Ora” di Palermo del 1935 con il dettagliato programma riservato ai turisti ricco di escursioni, di intrattenimento. L’isola era diventata una meta di gite organizzate con l’avvento del vapore. La prima gita di cui si ha notizia è stata organizzata dalla compagnia Ignazio Florio nel 1842 per promuovere la nuova nave Palermo destinata ai collegamenti tra Napoli e Palermo.

Il Domicilio Coatto ed Il Confino Politico

Il Domicilio Coatto ed Il Confino Politico

Già nel 1763, all’avvio della colonizzazione, i Borbone mandarono ai lavori forzati di Ustica quaranta “sterrati” (ex terra, relegati) per la costruzione delle fortificazioni, segnando così il destino dell’isola, che resterà terra di confino per due secoli, fino all’ottobre 1961. Ai confinati comuni spesso si aggiunsero ben presto i “politici”: contestatori dei Borbone, patrioti del Risorgimento, anarchici di fine Ottocento, oppositori delle guerre coloniali, uomini della resistenza libica. Il confino di Ustica assunse connotazioni diverse tra il ‘26 ed il ‘28 quando l’isola fu sgombrata dai coatti per far posto ai politici antifascisti, tra cui vogliamo ricordare Gramsci, Amadeo Bordiga, Ernesto Schiavello, Fabrizio Maffi, Alfredo Tucci, Giuseppe Scalarini, Giuseppe Romita, Riccardo Bauer, Giuseppe Massarenti, Ferruccio Parri, Mario Angeloni, Riccardo Bauer, i fratelli Carlo e Nello Rosselli.       I confinati furono protagonisti di tentativi di fuga dall’isola: questa fuga, di cui riferisce “La Tribuna Illustrata della Domenica”, è l'unica riuscita e, sicuramente, la più curiosa.

1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti

1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti

1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti

Nella primavera del 1906 Ustica fu colpita da una fitta sequenza di scosse di terremoto accompagnate da boati, rombi e scariche elettromagnetiche tali da provocare crolli e lesioni in decine di abitazioni private e di edifici pubblici, suscitando panico fra gli abitanti e l’affollata colonia di confinati presenti nell’isola. Per il timore di una catastrofe naturale che avrebbe potuto squassare l’intera isoletta, sostenuta da scienziati, il Prefetto decise di evacuare l’isola, trasferendo a Palermo la quasi totalità gli abitanti e i confinati. La notizia fece scalpore e molte testate italiane ed estere la raccolsero e tra queste anche la Tribuna Illustrata che il 15 aprile 1906 che, oltre a un servizio nelle pagine interne, dedicò all’evento la copertina accompagnata dal seguente testo: «La piccola isola di Ustica è da parecchi giorni in preda a continue scosse di terremoto. La settimana scorsa, durante un’orribile giornata, la popolazione che ancora non aveva abbandonata l’isola, si precipitava atterrita, con le povere masserizie sulle spalle, verso la spiaggia del mare, dove era ancorato un piroscafo, il Tirso. Il suolo tremava sotto i loro piedi. La nostra prima pagina a colori illustra appunto la dolora e drammatica fuga di quegli infelici, nati e vissuti sempre nell’isola, che ora, atterriti e dolenti, con la morte nell’anima e lo spettro dell’ignoto e della miseria dinanzi agli occhi, hanno dovuto abbandonare, che il tema che il mare finisca con l’inghiottirla. Ora il paese è desolato; anche i coatti sono stati trasportati nei vari penitenziari della Sicilia e nell’isola non rimangono che pochi pescatori e qualche contadino che guarda il bestiame. Oltre alla pagina a colori, pubblichiamo a pag. 231 una veduta del paese e un’istantanea eseguita al momento della partenza dei coatti».
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Approfondimenti
Franco Foresta Martin, 1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti a raffica, in «Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica» n. 19-20 aprile-agosto 2005.
Vito Ailara, I sovrani a Ustica per confortare gli isolani dopo il terremoto, in «Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica» n. 21-22, dic 2005-apr 2006
Vito Ailara, The King and Queen in Ustica to comfort the islanders after the earthquake, in «Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica» n. 21-22, dic 2005-apr 2006
Franco Foresta Martin, Geppi Calcara, Vito Ailara, Ustica s’inabisserà? Cronistoria della sequenza sismica che causò l’abbandono dell’Isola, Ed. Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica, collana Le Ossidiante, 2011

Il Brigantino Elisa a Boston

Il Brigantino Elisa a Boston

Il giornale “The Atlas Boston” documenta con dovizi e di particolari l’approdo nel porto della città del brigantino Elisa della Compagnia della famiglia Ingham. Al suo comando era l’usticese Vincenzo Di Bartolo (1802-1849) che il 28 ottobre 1838 era partito alla volta di Sumatra per un carico del prezioso pepe nero. Diretto a Boston per scaricare “generi indigeni” fu sorpreso da una tempesta da cui il bastimento ne uscì gravemente danneggiato e il Di Bartolo con una frattura alla scopola sinistra. Da Boston ripartì alla volta di Sumatra dove giunse doppiando il Capo di Buona Speranza e, dopo aver superato tempeste e grandi avversità, rientrò nel porto di Palermo la notte del 15 dicembre 1939, dopo una navigazione lunga 1 anno 1 mese e 17 giorni. Fu, questa, un’impresa eccezionale perché il Di Bartolo aveva effettuato il lungo viaggio, aprendo nuove rotte commerciali per il Regno delle Due Sicilie, senza la conoscenza delle informazioni da tempo acquisite (e considerate segreti inviolabili) dalle altre marinerie che detenevano il monopolio delle rotte oceaniche. Per questi meriti ebbe grandi onori: la nomina di Alfiere di Vascello, il diploma di Cavaliere e una Medaglia d’oro al Valor Civile.

 

Per approfondimenti confronta gli articoli:
* Il capitano delle tre isole
di Salvatore Mozzarella, pubblicato in “Lettera” n
. 2 settembre 1999
* Vincenzo Di Bartolo nei ricordi di famiglia
, di Vito Ailara pubblicato in “Lettera” n. 11-12 l
uglio-
dicembre 2002.

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  • Incontro 17 luglio 2023 presso il Centro Studi

    Incontro 17 luglio 2023 presso il Centro Studi

    Vi aspettiamo Lunedì 17 luglio alle ore 21: 45 presso la terrazza del Centro Studi per un incontro con il prof. Maurizio Cattani dell'Università di Bologna sul tema "Il Villaggio fortificato dell’Età del Bronzo di Mursia a Pantelleria".
     
    Invito Cattani

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  • Il confino politico a Ustica nel 1926-27

    Il confino politico a Ustica nel 1926-27

     Il confino politico a Ustica nel 1926-27 "Immotus nec iners"

    Tra i confinati comuni inviati sull’isola sin dalla sua colonizzazione del 1763 erano sempre stati presenti i “politici”: i nemici dei re e i contestatori degli aumenti delle tasse del periodo borbonico, i patrioti del Risorgimento, i renitenti alla leva del nuovo stato unitario, gli anarchici di fine Ottocento, gli oppositori delle guerre coloniali, i deportati libici.
    Fino al 1926 i politici, rispetto ai coatti comuni, costituivano una minoranza ma con l’approvazione delle leggi “fascistissime” emanate quell’anno la loro presenza diventerà più consistente sino a soppiantare quella dei confinati comuni. Ne transiteranno circa 600, facendone una «selva di campanili».
    Il tentativo di emarginazione e di “espulsione” dalla società attiva voluto dal regime attraverso il confino finì però per essere occasione di incontro, discussione e confronto fra i politici di ogni ideologia ed estrazione sociale, una vera e propria convention dell’opposizione. Il confino fu, infatti, una fondamentale esperienza costruttiva. La convivenza forzata fra persone di cultura, di idee politiche, di classe, di religione diverse, che forse non si sarebbero mai neppure incontrate, finirà, infatti, con il porre le basi della grande alleanza antifascista che, iniziata nelle carceri e nei luoghi di relegazione del regime, contribuì alla crescita dello spirito democratico nel Paese: un vero e proprio laboratorio di formazione politica e civica.
    Tra lo stupore degli isolani e l’insicurezza degli agenti di polizia Gramsci e Bordiga, arrivati nei primi del dicembre 1926, impiantano una scuola e poi i confinati politici organizzano la vita sociale: biblioteca pubblica, mense, spacci, attività sportive (calcio, bocce, water-polo), assistenza nella prima sistemazione e altro.
    Questo modello di vita confinaria originale e straordinario è un vero controsenso che testimonia quanto il regime abbia sottovalutato le conseguenze della scelta del confino politico: un vero e proprio boomerang, in quanto luogo di aggregazione e di formazione delle coscienze dell’antifascismo. Allorquando, tardivamente, il regime ne prenderà coscienza, inventerà l’esistenza di un complotto a fini eversivi con la complicità di stati stranieri per smantellare la colonia usticese trasferendo i confinati a Ponza e a Lipari, dove alcune di queste iniziative vennero riproposte, anche se queste subiranno eccessi di limitazione e di controllo poliziesco.
    Il rapporto della popolazione locale con i confinati politici è eccellente: alcuni Usticesi ospitano i politici nelle loro case e ne subiscono l’influenza. I giovani sono affascinati dalle intelligenze e le ragazze incontrano amori non contestati dai familiari.
    Questa mostra si propone di recuperare alla memoria collettiva e di restituire alle giovani generazioni alcuni frammenti di una pagina importante della nostra storia locale e nazionale, com’è, appunto, quella del confino di polizia dell’epoca fascista: una vicenda contrassegnata da forti passioni e da grandi ideali e che può anche essere il racconto di tante vite spezzate solo per affermare un diritto, diremmo quasi sacro, qual è quello della libertà di pensiero.
    Le fotografie provenienti da archivi pubblici e privati, i documenti e le testimonianze scritte dai protagonisti di quella singolare vicenda, pur nella loro incompletezza, ci permettono di conoscere meglio, attraverso una ricostruzione cronologica e tematica, i luoghi, i personaggi, gli eventi, i momenti e le atmosfere della vita confinaria a Ustica negli anni Venti, nonché alcuni aspetti del contesto ‘fisico’ e sociale isolano in cui essa si venne ad inserire. Un microcosmo, cioè, che era, in quegli anni, improvvisamente diventato quella sorta di laboratorio politico e culturale. Vengono riproposti i volti, le testimonianze e, più in generale, la particolare e intensa esperienza, politica e umana insieme, che i documenti a nostra disposizione hanno reso possibile. Uomini e donne, quelli del confino antifascista e delle carceri del regime, molti dei quali riverseranno unitariamente il loro straordinario patrimonio politico e ideale, maturato anche attraverso l’esperienza narrata dalla mostra, nella lotta di Liberazione e nella vita dell’Italia repubblicana.

    Mario Genco, Il “museo” delle storie quotidiane

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